Se tu chiedessi ad un bambino “A cosa serve il cibo?” la risposta sarebbe piuttosto scontata: “per mangiare!” Purtroppo però una risposta del genere non sarebbe completamente esatta. La risposta più corretta sarebbe “il cibo oggi è un bene come un qualsiasi altro prodotto industriale, e come tale ha un proprio mercato e deve quindi generare profitto.”
Profitto.
Questa è la parola chiave. Oggi il cibo serve anche a sfamare, ma fondamentalmente deve generare ricavi.
Il mercato mondiale delle sementi in mano a pochissime multinazionali, che dall’alto della loro posizione dominante possono condizionare il mercato senza trovare particolari resistenze. La biodiversità sta scomparendo, e questo perché è più redditizio e più facile lavorare con poche varietà di semi, modificate opportunamente in laboratorio per massimizzare la resa finale di prodotto. Oggi l’agricoltore è costretto a comprare dall’industria i semi più il pacchetto di prodotti chimici (fertilizzanti e pesticidi) necessari per la sua crescita. Già in partenza sappiamo infatti che questi semi senza una “spinta chimica” non germoglieranno. Questa prassi impoverisce i terreni, e nel momento in cui questi scendono sotto una certa soglia di rendimento vengono dapprima trattati con quantità sempre maggiori di sostanze e infine abbandonati per ricominciare lo stesso iter su nuovi terreni. Questo percorso sta uccidendo il Pianeta: stiamo compromettendo ecosistemi interi (terrestri e marini), stiamo pesantemente inquinando le falde acquifere, stiamo massicciamente contribuendo all’immissione nell’atmosfera dei gas serra, stiamo producendo alimenti sempre meno naturali. E il bello è che tutti questi enormi danni non sono compensati da altrettanti vantaggi! Se tutto questo infatti servisse ad eliminare il problema della fame nel mondo forse potremmo farcene una ragione, ma in realtà queste pratiche stanno impoverendo intere popolazioni, che inizialmente si convertono ai semi industriali attirati da promesse di un facile guadagno, ma che poi si ritrovano con dei terreni fortemente compromessi e poco altro in mano.
Esistono nel mondo esempi di una diversa agricoltura fatta non contro la natura ma nel rispetto della natura. Penso all’agroecologia (./category-ambiente-e-salute-agroecologia-una-parola-nuova-per-un-futuro-diverso), ai grani antichi, alle coltivazioni biologiche, ad associazioni come No Patents on Seeds! Ancora questi sono eccezioni, ma sparsi per il mondo gli esempi di una buona agricoltura non mancano. Oggi la differenza la può fare il consumatore scegliendo un prodotto piuttosto che un altro, e questa scelta deve tener conto di un aspetto che non sempre abbiamo ben chiaro: i prodotti economici in realtà non esistono. Esistono piuttosto prodotti per i quali non vengono scaricati tutti i costi sul consumatore finale, ma è una certezza che il conto alla fine viene sempre saldato: dagli agricoltori, da popolazioni sfruttate, dal Pianeta sempre più sfruttato e indebolito. Speriamo che negli anni a venire ci sia una forte presa di coscienza che porti ad una brusca inversione di marcia. Per usare le parole di Vandana Shiva (https://it.wikipedia.org/wiki/Vandana_Shiva), bisogna smettere di seguire il paradigma dell’agricoltura industriale meccanizzata per abbracciare il modello dell’agroecologia, ossia un’agricoltura rispettosa dell’ambiente naturale.
Noi di Solo Peso Netto ci stiamo provando con tutte le nostre forze, e da quando abbiamo iniziato la nostra avventura siamo venuti a conoscenza di numerose realtà in cui il rispetto per il Pianeta è messo al centro dell’attività di impresa. Pensiamo per esempio alla nostra linea di prodotti per la casa, a tutta la pasta disponibile in negozio, ai prodotti per la colazione, alle farine.

http://freestock.ca/americas_g98-opalescent_forest_road__hdr_p4918.html
Il fatto che una strada sia la più battuta non significa di per sé che sia la migliore. E’ il momento di mettere la freccia e cambiare direzione.